Come al solito sono qui, sul “mio tram”.
Sulla “panchina” davanti a me questa volta c’è Simone, un bimbo che avrà 4-5 anni. Vicino a lui c’è la sua mamma e la sorellina, che avrà pochi mesi.
Simone, accovacciato sul sedile sta armeggiando con un gioco, una rotellina piatta e nera. È un tipetto abbastanza vivace, che si fa sentire.
Io sto armeggiando con lo smartphone. Ad un certo punto Simone incomincia a piangere: la rotellina si è incastrata in una fessura e non ne vuole sapere di uscire.
Lì per lì la mamma lo invita a desistere…cosa vuoi che sia una rotellina.
E invece Simone è proprio disperato.
Alzo lo sguardo e mi avvicino, tiro fuori dalla tasca la cartache ho appena utilizzato per ricaricare il cellulare e provo a fare forza con quella per tirare fuori questa benedetta rotellina che però è proprio incastrata bene e non ne vuole sapere di uscire.
Anch la mamma di Simone prende due matite dalla borsa e prova ma niente, è proprio incastrato bene!
La ragazza seduta di fianco a Simone alza la testa dal suo iPhone e cerca nella borsetta un paio di pinze e con quelle tenta di disincastrare quel giochino di Simone.
“Salvare” la rotellina è diventato l’obiettivo del nugolo di persone che si trova in quella parte del tram.
Proviamo ad usare insieme la matita e le pinzette, cercando di far leva fino a che puf, finalmente la rotellina esce dalla fessura per la gioia di Simone.
C’è uno scambio di sguardi reciproco, siamo tutti contenti della felicità di Simone che adesso si è andato a sedere e “scampato il pericolo” si tiene stretta in mano quella rotellina.
Son storie, piccole storie quotidiane.