Ho da tanto, tantissimo tempo, il desiderio di spendere due righe sulla politica. Ho fatto qualche accenno recentemente nel mio post su Monti, ho in cantiere alcune riflessioni su questioni più specifiche, ma qui vorrei cercare di essere più generica.
Come nell’altro post, serve un po’ di pazienza per leggere tutto, dopo il salto.
Quello con la politica, per me è un po’ una storia di amore-odio.
Odio perché accendendo la televisione, sentendo la radio, leggendo su internet sembra sempre di avere a che fare con dei mulini a vento, gente corrotta, un mondo di potere incorreggibile. Amore perché dall’altra parte è forte l’illusione e il voler credere che il rinnovamento debba cominciare dall’impegno personale di ciascuno, di me per prima come cittadina, e l’aver imparato nella mia vita a provare a cercare il positivo nelle cose. Senza nascondere quello che di negativo c’è, ma provando ad andare al di là per dare il proprio contributo per irrobustire il “bene”. E poi se qualcuno chiama la politica ‘l’Amore degli amori‘, questo non può lasciare indifferente chi come la sottoscritta illusa (tenetelo ben a mente nel proseguo del post per calibrare quello che dico) è sempre un po’ alla ricerca nelle cose di misure alte.
Ma amore-odio anche perché vado a periodi, sono incostante e perché in fondo forse non sento di potermi-volermi impegnare in una ‘militanza’, di avere una ‘passione’…come dire, è uno dei tanti aspetti della mia vita, che mi tocca in quanto cittadina e che però mi interroga e stimola riflessioni, come quella che leggerete.
In questi ultimi anni, in Italia, si sta raschiando il fondo. A partire da persone che usano la politica come ombrello per fare i proprio comodi, chi la sfrutta per difendere i propri interessi, chi la vede come una vacca da cui mungere per i propri sfizi. La lista, e lo sapete meglio di me, sarebbe molto lunga. Ma in questi anni, e soprattutto in questi ultimi mesi, non curante delle evidenze che sembrano raccontare altro, mi sono sforzata di credere che in fondo a noi viene dato in pasto tutto il marcio, tutto quello che fa più rumore, per parlare alla nostra “pancia”. Ma che là sotto, alla base, per dirla metaforicamente, c’è una foresta che cresce e che però non fa notizia (e da una parte giustamente, perché dovrebbe essere l’ovvio) perché fa più rumore il tonfo dell’albero che cade.
Per questo mi ha sempre provocato una profonda tristezza ‘fisica’ sentire gente urlante e sprezzante apostrofare ogni parlamentare sotto lo stesso cappello di ‘casta’, da spazzare via, da eliminare, da far fuori, da rottamare. Sono sicura che là sotto il livello del mare, una base di persone, pur magari tante volte sbagliando, cerca di vivere la politica come un servizio e finisce però sommersa dalla parte peggiore, anche per colpa del nostro dare sempre troppo risalto al negativo.
Benigni ha recentemente detto una grande verità: “Quando si dice che i politici sono tutti uguali facciamo un grosso favore ai cattivi, ai disonesti, agli stupidi perché è come se non li avessimo riconosciuti.“. Per questo, come dicevo già al fondo dell’articolo su Monti è un grosso dispiacere “vedere come le esperienze di questi ultimi 20 – alla mia memoria – ci abbiano resi ‘cinici’, come si sia instaurata negli italiani una cultura del sospetto che non ci permette più di discerne dove veramente c’è del marcio e dove invece non ce n’è, senza fare di tutta un’erba un fascio“.
Stamattina leggevo gli ultimi post di Andrea Sarubbi (che è stato ‘ospite‘ su queste pagine), parlamentare che ieri ha finito la sua prima e (forse) ultima legislatura, con un’attività che lo ha visto attivo sui temi dell’immigrazione, della cittadinanza alle nuove generazioni, del terzo settore, della cooperazione internazionale, del disarmo, dando anche una non trascurabile testimonianza personale sul piano dell’etica pubblica e della trasparenza. Ho seguito in questi ultimi due anni le sue attività parlamentari, sul blog e su twitter (è padre dell’hashtag #opencamera con cui pian piano si sono aggregati tutti i tweet dei deputati durante le sedute) e prendo ad esempio la sua esperienza perché mi ha aiutato a credere che là a Roma, come qui nel locale, ci sia ancora del buono, del positivo. Politici con la P maiuscola, gente che decide di mettersi a disposizione della collettività. E che cercano, nel limite delle loro capacità, di farlo bene e per il bene. Ci tengo a sottolineare questa ultima frase, perché troppo spesso dimentichiamo che non siamo robot, ma esseri imperfetti. E senza che questo diventi però una scusa, come esseri imperfetti siamo ‘condannati’ a poter sbagliare. Figli, madri, padri, sorelle, fratelli, mogli, mariti, politici, amici, studenti, insegnanti, capi, dipendenti imperfetti. Questo troppo spesso ce lo dimentichiamo cercando negli altri la ‘perfezione’, un tipo di perfezione che però, non è di questo mondo. Guardiamo spesso alle cose così per quello che sono, senza ricordare che potrebbero essere un primo passo di qualcosa di ‘perfettibile’.
Tornando all’impegno di Andrea, leggevo questo suo post in cui aggiungeva una postilla al bilancio pubblico della sua legislatura (consultabile qui, mi sembra una cosa lodevole) che mi sembrava riassumere quanto detto fino a qua:
Il lavoro di parlamentare può essere diversissimo a seconda della persona che lo svolge: può essere un imboscamento di tutto riposo o uno sbattimento totale, senza sosta. E da fuori non sempre se ne colgono le differenze, perché molto di quel lavoro è invisibile, e non c’è differenza nemmeno a fine mese nel bonifico bancario che si riceve dall’amministrazione della Camera. Uno potrebbe pensare che, viste le condizioni, la maggioranza dei parlamentari sia portata a grattarsi la pancia; invece no, non è così, e in questi cinque anni ho avuto modo di lavorare al fianco di molti uomini e donne di buona volontà, sempre di corsa fra un treno e un aereo, per tentare di far combaciare gli impegni in Aula e quelli nel proprio collegio o comunque nel resto d’Italia. Ho avuto colleghi e colleghe che dovevo chiamare a sera tardi, dopo giornate di lavoro, per convincerli a smettere di lavorare sugli emendamenti a una legge, perché ci avremmo pensato il giorno dopo. Ho visto deputati poco noti a livello nazionale – perché in tv va sempre il solito giro – diventare punto di riferimento per tutti quando c’era da entrare negli aspetti tecnici di una legge, e dare la linea al gruppo su temi complicati, per poi tornare nell’anonimato quando serviva un ospite da mandare in un talk show. Ho apprezzato da vicino lo stakanovismo dei radicali, pur lontani da me nel merito di alcuni argomenti, e la loro battaglia continua e ostinata per la trasparenza e il controllo. Ho visto con i miei occhi la profonda differenza tra la propaganda politica che si fa all’esterno – e la campagna elettorale ne è il culmine – e il dialogo che può instaurarsi all’interno su temi concreti, specialmente nelle Commissioni, quando ci si riesce a togliere per un attimo la sciarpa della propria squadra. Ho conosciuto cristiani veri, sparsi nei vari schieramenti, e ho condiviso con loro il desiderio profondo di testimoniare il Vangelo nell’impegno quotidiano; ho visto alcuni “politici cattolici”, allo stesso tempo, prodigarsi in salamelecchi con i vescovi ma poi non resistere in chiesa oltre l’omelia. Ho avuto, tra gli avversari, alcuni che mi hanno rispettato e stimato, e tra i colleghi di partito alcuni che mi hanno denigrato ingiustamente, a conferma del fatto che la distinzione tra buoni e i cattivi non si può mai tagliare con l’accetta. Poi ho visto anche dei privilegi inutili, e degli sprechi, che solo in parte questa legislatura è riuscita a tagliare. Ma in cinque anni non ho perso la fiducia nella politica, e non è poco.
Ecco. Penso che la Politica possa e debba ripartire da questo. Essere propositivi e non distruttivi, trovare il positivo e non (solo) negativo. Rimarcare, lì dove già c’è, il senso del servizio verso il bene comune. Ritrovare la propria dignità e combattere chi dal di dentro la lede.
Perché la Politica sono convinta che sia una cosa bella e che ha una dignità che va riconosciuta e fatta riconoscere, non disprezzata. Mi verrebbe da dire … la Politica è l’altro, il suo bisogno che deve essere il mio. La Politica non è un io, ma un tu, un noi.
Per questo mi spiace che Andrea probabilmente non si ricandiderà, mi spiace aver sentito la stessa cosa da altri che vivono su questa linea d’onda. Perché le persone come lui, che hanno qualcosa da dare, è meglio trovarle che perderle.
E quindi tutto finisce “male”?
No. Spero di non fare qualunquismo se dico che siccome la classe politica che governa è specchio ed espressione della società, il cambiamento non basti invocarlo su quelle poltrone, ma debba incominciare prima di tutto dal nostro agire quotidiano, dalle piccole ‘caste’ a cui ognuno di noi appartiene.
E allora mi viene da prendere in prestito lo slogan usato spesso da Renzi durante la campagna per le primarie del PD, ma declinato in modo diverso: ‘Rottamiamoci‘. Non aspettiamo che siano gli altri a cambiare, ma diamo noi il primo esempio.
Risvegliamo in noi un senso civico, togliamoci quella aria da furbetti che a volte assumiamo, impariamo a prendere strade più lunghe e faticose senza cercare sempre le scorciatoie. E lo dico prima di tutto a me, sia chiaro, perché a predicare bene e razzolare male si fa molto in fretta…
Con questo non voglio dire che non bisogna agire nel tagliare lì dove nella politica attuale c’è di marcio. Ma va fatto con attenzione, ‘senza buttare via il bambino con l’acqua sporca’. E contemporaneamente però agire anche nella nostra quotidianità. Perché ogni nostro atto, timbrare o non timbrare un biglietto sul bus, è un gesto politico, e ci indirizza nel come saremo i politici del domani, più o meno prossimo.
“Sogno” una Politica fatta nel silenzio, una Politica che sa ascoltare, comprendere. E poi sa anche, nei giusti modi, mostrarsi. Gioiendo delle riuscite proprie come quelle degli altri, senza rivendicare nulla se una propria proposta può essere servita a migliorare anche qualcosa dell’altro.
Ma sento di poter sognare proprio perché è da che noi il cambiamento deve cominciare. E allora un po’ mi ci rivedo, perché in fondo parlo della vita di tutti giorni, della politica declinata nella vita quotidiana, a casa, al lavoro, con la mia famiglia, i colleghi, gli amici, nella mia realtà di movimento. Parlo di quello che io devo ancora imparare a fare.
ps: finirò per passare per una fan di Andrea Sarubbi (e allora ne approfitto per chiedergli di ricandidarsi!) ma l’ho preso ad esempio anche perché ho apprezzato molto il suo tentativo di provare ad essere quello che vorrei che fosse la politica. Lo ammetto e non mi vergogno: se lui si ricandidasse e io ne avessi la possibilità, lo voterei. Purtroppo tutte e due le condizioni in questo momento però non sussistono e in qualche modo si rincorrono, perché una delle cose belle della sua attività politica è che lo ha portato a uscire dai confini dei problemi del suo collegio elettorale, e lo ha visto attivo in tutta Italia, facendogli avere un consenso probabilmente più forte a livello nazionale rispetto quello a livello locale.