Ero in macchina, ferma al semaforo. Rosso appena scattato.
Quante volte quei 30 secondi diventano l’occasione per prendere in mano lo smartphone e viaggiare in una dimensione altra?
Ultimamente però mi sforzo per approfittare di quegli istanti per osservare.
Ero nella corsia centrale e mi sono girata e guardata intorno.
A destra. Boh, non ricordo.
A sinistra c’era una macchina verde scuro. Lui, la moglie affianco. Dietro due bimbi. Una scena normalissima.
Io intanto chiusa dentro la seicentina cantando, per scacciare il grigiore che a volte si ruba le mie giornate. Come stavo per raddrizzare la testa sulla strada che avevo davanti, ecco che dal finestrino posteriore spunta una manina.
Due occhi grandi di una bella bimba mi guardano e la sua mano incomincia, prima lievemente e poi con più decisione, a sventolare: mi guarda, sorride e mi saluta.
Rimango sorpresa, stupita. Accenno anche io ad un sorriso, alzo la mano e la sventolo, per ricambiare il saluto.
La bimba si ritira sul sedile con quella tipica faccia dei bambini che, ‘colpiti’, si vergognano. Il fratellino le fa segno di smettere (chissà che non le abbia detto che non si salutano gli sconosciuti).
Dopo qualche secondo ecco di nuovo riemergere quella testolina. Mi guarda, ci guardiamo. Il mio sorriso si allarga sempre di più.
Scatta il verde, ingrano la prima e parto. Il padre al volante fa lo stesso. Pochi metri e siamo di nuovo fermi, anche se so che il semaforo scatterà da lì a qualche istante.
Il padre parte più veloce, questa volta, ma la bimba ha ancora il tempo di avvicinarsi al finestrino e salutarmi.
Ho pensato tutto il viaggio a quella bambina, a quella manina che mi salutava, chissà per quali oscuri meriti.
Ma i bambini sono così.
Non perdiamolo mai, quello stupore davanti alle carezze che arrivano nei modi e nei momenti più inaspettati.