Qui al Nord questa è la stagione della nebbia.
L’altra sera dovevo andare in città. E c’era una grande nebbia. Di quelle che sono talmente dense che le si potrebbe tagliare e servirne una fetta. Ma siccome gran parte della strada che dovevo percorrere era illuminata, mi sono fatta coraggio, ho preso la macchina e sono uscita.
C’era un punto sul cavalcavia però – ma già lo sapevo – in cui avrei dovuto fare attenzione, perché lì l’illuminazione non c’è. Duecento, trecento metri dove sembra di essere inghiottiti nel nulla: davanti solo un ammasso di nebbia e tutto intorno il nero di una notte profonda.
E tu lì, da solo. Che tieni la destra rallentando per la paura di incontrare ostacoli e di diventarlo a tua volta, se non dai adeguati segni della tua presenza.
Raccontava una metafora di vita.
Quei momenti dove tutto intorno ti sembra nebbia, dove tutto ti sembra buio: l’incapacità di aspettare, pazientare, di capire. La frustrazione per quelli che, incuranti del pericolo ti frecciano accanto, che sembrano “averene” più di te.
E tu invece lì, ad arrancare. In una strada che ti sembra di conoscere a menadito, dove pensi di conoscerne tutti i segreti. Dove sai che li, affianco a te, c’è un guardareil. C’è, ma tu non lo puoi vedere. Ti devi fidare. Come quegli amici silenziosi, che a te potrebbe venire il dubbio ti stiano lasciando volontariamente “a bagno”. Ti devi fidare che ci sono, anche nei loro silenzi, non necessariamente voluti, ma che fanno parte di quella congiunzione che la Vita ti prepara per crescere.
Sei lì. Nel silenzio di un’attesa, navigando a vista.
E poi, metro dopo metro, incominci laggiù ad intravedere le prime luci dei lampioni, che non riportano la visibilità totale, fino a quando non rendono più nitidi i contorni delle cose, anche quelle più familiari.
Vi auguro di farla, l’esperienza di passare in quei metri avvolti dalla nebbia. Perchè è ancora diversa dall’esperienza della notte. Nella notte la luce illumina. Nella nebbia la luce ricompone contorni e forme, ma lascia alla nostra volontà e alla nostra forza l’onere di dargli una sostanza, un valore, una destinazione. Di dargli vita. Come un equilibrista della nebbia.