Lunedì sono andata a vedere la partita dell’Italia al pub in pieno centro città. E ho avuto paura. Alternavo lo sguardo tra il maxi-schermo e verso la gente che avevo attorno.
Mi stavo svagando eppure non mi sentivo sicura. Ho guardato bene il locale e nella mia testa mi chiedevo se quella dove ero era una posizione sicura.
Non ho fatto una distinzione e classificazione in base al colore della pelle, alla barba o a strani copricapi nello squadrare ansiosamente chi entrava e chi potevo vedere, data la vastità del locale. So solo che avevo paura. Quando la partita è finita ho tirato un sospiro di sollievo uscendo dal pub, e non solo per la vittoria dell’Italia. Perché ero all’aperto, e nella mia testa l’allerta era passata da 1, quella massima, ad una più rassicurante. Come quando incominciano le piogge ed in certe città del nord si attivano i codici arancioni, gialli … uguale. Solo che in questo caso la previsione non c’è. Non ci può essere.
Poi è toccato è toccato ad Istanbul.
Puoi andare a prendere un aereo e bum, tutto finisce lì per te. Imprevedibile.
Così mentre guardo le foto che arrivano da laggiù mi ricordo di quella sensazione di insicurezza che mi si è appiccicata dentro, senza che io lo volessi. Senza esserne padrona.
Di quella sensazione che ha fatto il suo capolino lunedì, seduta con gli amici al pub. Di questo lento trascinarsi verso “la prossima volta”.
Quando le cose si impastricciano dentro è più difficile far finta che del sordo grido di certe sottili domande senza le risposte: “Perchè?”.
Chi mi conosce sa che ho scelto di vivere, nonostante tutto, per un sogno. Un mondo unito, un mondo fraterno. Sa che davanti a queste stragi non ho perso la capacità di guardare ad un’unica umanità. Non ho perso la capacità di pensare di esser, insieme a tanti, strumenti di azioni che vanno nel senso diametralmente opposto all’odio. Eppure proprio dentro di me si è impastricciata senza chiedere permesso quella paura, quell’irrazionale angoscia che non vorresti avere e che invece c’è, pronta ad emergere appena il tuo cervello, come un termometro, capta l’allerta.
Ma questo non fermerà il mio sogno, non fermerà il cercare di agire ogni giorno per questo scopo. La paura non l’avrà vinta.
(Foto di Michelle Rocco)