Ero sul tram, aggiornando compulsivamente la schermata di twitter per sapere di che colore fosse la fumata tanto attesa. Ad un certo punto mille messaggini: “è bianca, è bianca”.
Ho incominciato a farmi due calcoli: ce la faccio ad arrivare a casa in tempo? Si, dovrei farcela, altrimenti andrò di streaming dallo smartphone, w lo smartphone! Sembrava una corsa contro il tempo per arrivare a casa per scoprire il nome del nuovo Papa.
E poi lì, davanti alla tv. Jorge Mario Bergoglio, che prende il nome di Papa Francesco. Ho fatto un salto! Era il cardinale che il sito adoptedcardinal, per “gioco”, mi aveva proposto di adottare nella preghiera per il conclave e uno di quelli quasi mai usciti nelle chiacchiere vaticane che hanno preceduto questa sua elezione.
Avevo ‘tifato’ per un papa extraeuropeo, avevo sperato potesse essere Joao Braz de Aviz, brasiliano, ma più per il fatto che ho avuto il modo di conoscerlo personalmente e sapevo di pasta era. Ora invece mi trovo di fronte a questo italo-argentino così schivo, così semplice. Già la semplicità. Tanti segni, ieri quando si è affacciato, oggi che è andato a saldare il conto dell’albergo dove aveva alloggiato prima del conclave.Il viaggio in autobus insieme agli altri cardinali, niente favoritismi.
Penso terrò nella mente l’immagine di uomo che chinando il capo chiede al popolo di chiedere la sua benedizione da parte di Dio. Un uomo che sa di non poter fare tutto con le proprie braccia e che chiede continuamente delle preghiere per sé. L’umiltà.
Di un uomo semplice, senza paramenti, con una croce di latta. La semplicità di chi ha visto la fame, sa chi sono gli ultimi.
Il disarmo di chi si affaccia su Piazza San Pietro, guarda la folla e forse si sente un po’ inpacciato e non sa che cosa fare, quasi stia cercando di realizzare quello che è appena successo, quasi tutto assuma ancora la forma di un qualcosa di incomprensibile, nonostante, posso immaginare,ad un certo punto abbia ben capito che il suo nome era quello che riecheggia maggiormente dentro alla Sistina. E chissà che non si sia chiesto “ma allora ce l’hai con me, tu lassù”!, visto che 8 anni fa pare fosse stato il “rivale” di Ratzinger, eletto dopo che Bergoglio chiese piangendo, raccontano i bene informati, di far convergere i propri voti su quello che sarebbe diventato Benedetto XVI.
Di un uomo che quasi impone il silenzio: robe rarissime in una società schiava del rumore, che più ce n’è e più ci tiene al riparo dalle domande, dagli interrogativi.
Di un uomo che si rivolge “agli uomini di buona volontà”, senza mettere etichette che possano creare steccati. Come a dire, la porta è sempre aperta, per tutti. La Chiesa, quella vera, ha due braccia spalancate sul mondo intero, e non solo in senso fisico. Di un uomo che tende ponti (un gigante nel suo continuo mettere l’accento sulla diocesi di Roma), parla di fraternità.
Di un uomo molto chiaro nell’ordine delle “priorità”: mai si era visto un papa appena eletto far pregare un’intera piazza. Il sarto? Può attendere, prima vuole andare ad affidarsi alla ‘Mamma’.
Di un uomo che vuol ricordarci, e penso lo farà ancora tante volte, di non dimenticarci di papa emerito Benedetto: è vero, cambiano i ruoli, ma sono le persone che ci stanno sotto che restano, e il nostro amore non deve essere come una bandiera che gira a seconda del vento.
Di un uomo a cui sfugge, prima di prendere il microfono, un “vos”, l’inconfondibile “tu” argentino, una delle parole che si differenziano dallo spagnolo tradizionale. Che si impappina dicendo le preghiere in italiano mischiandoci lo spagnolo, ma poco importa. Quello che conta è la sostanza.
Di un uomo che come prima cosa dice “buona sera”, come se fosse entrato davvero nella casa di ognuno di quelli che hanno gli occhi puntati su quella piazza, mai come in questo giorno “centro” del mondo, e abbia potuto dare personalmente a ciascuno un abbraccio. Che ti da la sensazione che se domani lo incontrassi per Roma, sarebbe lui a sentirsi in imbarazzo e non il contrario. Che ci informa di quello che farà il giorno dopo e finisce con “buon riposo”, con una delicatezza impressionante, come quella di chi augurandoti buon viaggio ti dice “e andate piano”.
Di un uomo che sa andare oltre, che chiama i cardinali “i miei fratelli cardinali”: è una cosa di cuore. Non sono quelli là stretti per starci tutti sui balconi laterali, come un’entità ormai già passata. No, sono i fratelli, quelli con cui si condivide la buona e la cattiva sorte. Con cui probabilmente vorrebbe in cuor suo portare avanti la Chiesa insieme.
E a proposito: un grazie, non scontato, anche a loro cardinali per il coraggioche hanno avuto di fare questa scelta.
Di un uomo che fa notizia perché tifoso del San Lorenzo, perché ha avuto una fidanzata, ama ballare il tango. Ma speriamo che faccia presto notizia anche per discorsi come quello pronunciato oggi davanti ai cardinali, “stesi” in 7 minuti di predica (sacerdoti di tante parrocchie, prendete nota!) fatta a braccio, in piedi dietro al leggio, gesticolando, come un qualsiasi sacerdote nella sua omelia domenicale.
Di un uomo allegro, che scherza perché si sente arrivare un po’ dalla fine del mondo e che forse in quel mondo in cuor suo avrebbe voluto anche tornarci. Lo farà da Papa.
Di un uomo, sono pronta a scommetterci, che non sarà di semplice gestione in Vaticano e che gli auguro, pensando lo abbia in cuore, sappia rompere gli schemi, anche togliendo quell’alone di “venerazione” che gira sopra al Papa. Mi sembra di aver intravisto questo desiderio nei suoi primi gesti. E la Chiesa ne avrebbe tanto bisogno. Che dall’io si passasse al noi, perché certo non gli si può togliere il ruolo. Ma questo si, auguro a Francesco di riuscire a rovesciare la piramide, perché è soltanto ‘da sotto’ che ci si può entrare. Per far scoprire a noi che è solo l’amore che sovverte gli schemi e a lui far scoprire il senso del proprio esser lì da oggi, vestito tutto di bianco.
E sono sicura che tanto potrà scoprire e trovare anche e soprattutto nella reciprocità del rapporto con Papa Benedetto XVI, la cui presenza sarà quanto mai preziosa e di cui, continuo ad esserne convinta, forse soltanto adesso incominceremo a vederne la ‘grandezza’, senza dover scadere in un nudo confronto che sarebbe ingeneroso per entrambi. Uno l’abbiamo scoperto, l’altro lo stiamo scoprendo. Così come con Giovanni Paolo II, nella bellezza di un servizio fatto in modo diverso ma senza che questo debba portare a fare delle classifiche. Perché il servizio non è uniformità.
Mi fan un po’ sorridere e in certo modo tutto questo gran parlare (e io son stata la prima qui sopra, si intenda bene) di questo Papa ‘rivoluzionario’. Perché, e ne ho la riprova anche vicino a me, i ‘santi’ sono per definizione persone che vanno al di là delle logiche solo umane. Si, devo dire che Papa Bergoglio mi ricorda qualcuno.
Per chiudere, due lezioni personali.
La prima è che appunto, dovrò prima poi imparare che posso fare tutti i miei calcoli, ma forse se non guardo le cose soltanto di testa e per principi, posso lasciare spazio anche a qualche ‘sorpresa’. E non solo col totopapa, anche nella mia vita.
La seconda, non meno importante, un pensiero-riflessione che avevo in testa guardando quella folla con il nasò all’insù cercando un responso in quel comignolo della Sistina. Ecco, anche il comigliolo ci insegna come deve essere il nostro atteggiamento: con gli occhi verso il cielo.
ps: un link a caso dei post letti oggi sull’argomento: merita!
[ credit photo by Osservatore Romano ]
Grazie mille per la segnalazione 😉