Chi gliel’ha fatto fare?

Ogni tanto ho proprio l’impressione di immaginarmelo, il caro Mario Monti, aggirarsi per palazzo Chigi, guardarsi allo specchio e chiedersi: “Ma chi me l’ha fatto fare di mettermi a dover fare il vigile e a dirigere il traffico in mezzo agli schiamazzi altrui?”. So di attirarmi le antipatie di molti, ma io personalmente lo compatisco e in ogni caso – al di là di tante scelte magari non del tutto condivise – gli sarò grata di aver fatto anche da parafulmine dei litigi da cortile della nostra politica.

Sul tram – La signora con la stampella

Il 4 come tutte le mattine piano piano si riempie, ma oggi come capienza è ancora accettabile rispetto ad altre vuote, addirittura sulla panca blu al fondo c’è ancora un posto libero.

Sale una signora con una stampella e penso: ‘Bene, c’è un posto libero per lei’.
Ma guardo meglio e mi accorgo che in realtà quel posto ha una bella macchia d’acqua. Quindi niente posto per la signora, che come me deve aver pensato di poter approfittare di quel posto e che invece deve far conto con l’evidenza.

Ho un pacchetto di fazzoletti in tasca e quando sto per proporle di asciugarle il posto in modo che possa entrare, la signora del ‘posto vicino’ alza lo sguardo dal libro che sta leggendo e con un sorriso le offre il suo posto.

La signora, quella con la stampella incomincia a ringraziarla e fa per tirare fuori il biglietto per capire come andare a timbrarlo.
Non fa in tempo che la signora, sempre quella con il libro in mano, la guarda e con un sorriso le dice: ‘ma signora, stia lì, che glielo timbro io!’.

Il tram riparte.
Insomma, questo mondo non è tutto da buttare!

Sul tram – Le caramelle

C’è un bimbo qui vicino a me. Avrà al massimo 3-4 anni.
Ha la faccia ancora un po’ assonnata e interrogativa, la mamma tiene in mano la sua piccola cartella della scuola mentre in mano lui tiene un pezzo di merendina.

Un signore lo guarda, mette le mani in tasca e tira fuori un cioccolatino e una caramella. Li nasconde nel palmo della mano, si avvicina al bimbo e gli spalanca la mano: “Vuoi?” gli dice con un bel sorriso.
Il bambino guarda la mamma con un volto interrogativo e lei annuisce.
Il bimbo allunga la mano. “E come si dice al signore così gentile?”.

Il bimbo ci pensa un po’, e guarda la madre con quell’aria di ‘vergogna’ supplicante che sia la madre a compiere quel gesto.

“Dai, come si dice al signore?”, insiste lei.
“Grazie signore”, dice alla fine il bimbo abbozzando un sorriso.

Bene, anche la mia giornata può cominciare con un sorriso 🙂

Primarie PD, due domande veloci.

Al di là del se andrò a votare alle primarie, se non ci andrò. Di cosa voterò.

Leggo di sfuggita i titoli sui giornali online (ma anche a volte gli articoli) e mi sorgono due domande:

– ma i fiorentini sono contenti del fatto che Renzi sia sempre in camper in giro per l’Italia a fare un po’, diciamolo, gli “affari suoi” … della serie, Firenze chi la governa?!

– leggo che la corrente di Bersani ritenga Renzi reo di aver copiato parte del suo programma. Ma, facendo parte dello stesso partito, non dovrebbero essere contenti almeno su un punto di pensarla uguale? Che senso ha farsi la guerra? Perché possa arrivare a “godere” un terzo incomodo?

Bah. Cosa ho detto all’inizio? Se andrò. Ecco, se andrò.

Incontri digitali

Ogni tanto succedono episodi di incontri ‘digitali’ che lasciano un misto tra sorpresa e inquietudine.

Due episodi su tutti, entrambi recenti.

1 settembre.
Sono a Budapest al Genfest, in compagnia di almeno altre 12000 persone (stima per difetto). Nel programma serale facciamo una allegra sgambettata di qualche chilometro nel centro di Budapest verso il ponte delle Catene. Una volta lì sopra facciamo un flash-mob, forse il più grande mai fatto su di un ponte.
Uno dei gesti da fare è quello di scambiarsi ripetutamente delle sciarpette con chi ci troviamo vicino e così tutti facciamo.
Ad un certo punto, in questo turbinio di mani che si muove, faccio per scambiare una delle sciarpette ricevuta al giro precedente con un ragazzo avvolto nella sua grande bandiera spagnola.
Mi guarda e mi dice: “ma lo sai che io ti seguo su twitter?”.
Ora ripeto: eravamo 12000 persone, non 4 amici al bar.
Sono rimasta sconvolta per un bel 10 minuti: in mezzo a tutta quella gente ho incontrato uno che non conosco che mi ha riconosciuta come uno dei suoi following.

29settembre.
Anzi, a dire la verità il tutto comincia il 28.
Sempre su Twitter cerco la conversazione dsl joomladay, a cui avrei partecipato il giorno successivo.
Trovo un tweet di ‘ziopal’ che tra le altre cose ha postato la foto della Metro di sempre tutto finisce lì.
Il giorno dopo, ed eccoci al 29, giorno del JoomlaDay; salgo sul mio tram che fortunatamente mi permette di arrivare al PalaIsozaki abbastanza velocemente.
È sabato mattina, sono le 8.30, il tram è mezzo vuoto. Ad un certo punto salgono due che si piazzano davanti a me.
La deformazione ‘professionale’ mi fa squadrare loro e chi vedo salire per capire se stanno andando dove vado anche io.
Si, una rapida occhiata mi fa propendere per una risposta affermativa.

Poi tirano fuori lo smartphone, danno un’occhiata a twitter, qualche commento su tweet che scorrono nella loro timeline. Discutono sul fatto che il programma del mattino sarà poco interessante (e non avevano torto) e intusco che uno di loro sarà relatore del pomeriggio.
Io scendo, loro forse alla fermata successiva.
Perchè vi ho raccontato queste due storie?
Perchè al pomeriggio quando viene presentato come relatore ‘zioPal’, quello con cui avevo twittato la sera precedente, metto insieme i pezzi: era uno di quei due che stavano davanti a me sul tram! o_O    Allora gli twitto raccontandogli il nostro ‘incontro’ la mattina (con tutti i tram e tutti i posti dove ci si poteva fermare … ) e lui non collega subito la cosa, ma rimette insieme i pezzi qulche tweet più tardi. Una storia da romanzo la chiama. Beh, non ha tutti i torti.

Ecco la sorpresa mista ad inquietudine di questi 2 episodi.

Da una parte la sorpresa di incontrare senza accordo persone con cui si hanno interazioni virtuali.

Dall’altra l’inquietudine di dovervi dire, attenzione: il mondo è più piccolo di quello che sembra.

Sul bus – La signora e il passeggino

Sono alle fermata che aspetto il bus e vicino a me c’è una giovane mamma con il suo bimbo che cercano di salire sul Satti, il pullman extraurbano che collega Torino fon la sua cintura.
L’autista non l’ha accettata a bordo con il solo biglietto urbano-sub urbano anche se ci sarebbe da discutere, perché lei stessa mi racconta che quel pullman l’ha preso tante volte e sempre con quel biglietto. Ma non essendoci una regola chiara (provate a chiamare Gtt per chiedere, ogni operatore vi dirà la sua verità a proposito) la cosa finisce per essere a discrezione degli autisti.

Così questa mattina la signora dovrà prendere con il figlio, sul passeggino, il pullman di linea.
Che fortunatamente non si fa attendere più di tanto.
Saliamo ed ovviamente c’è un po’ di assembramento (cara Gtt, certo che poi mi dovrai spiegare quale logica spinge, visto il riordino – e depotenziamento – degli orari a mettere i pullman doppi il sabato e la domenica e non durante la settimana quando si sa, le persone, sopratutto alle 8 forse sono un po’ di più).

Ma un po’ di spazio sul bus c’è e così non riesce contemporaneamente a tenere il passeggino ed allungare il braccio per timbrare visto che la guida dell’autista è abbastanza sportiva e con molti ‘strattoni’.

La signora dietro a lei si accorge della situazione, e lo fa anche il ragazzo che sta con la schiena sulla porta e ha i cuffioni nelle orecchie: così in tre le teniamo fermo il passeggino mentre lei riesce finalmente ad allungarsi verso la macchinetta a bollare.

Un sorriso e la settimana può cominciare.

‘Anti’ vs fraternità: da dove cominciare?

Ieri leggendo le notizie del giorno non ho potuto fare a meno di fermarmi su quelle che arrivavano dal mondo arabo, sull’escalation di violenze e proteste scatenate in seguito al film americano e alle vignette ‘anti-Islam’.

Non ne ho potuto fare a meno perché da qualche anno leggere ‘Pakistan’ significa ripensare ad una terra tanto cara ad una persona speciale e che attraverso i suoi racconti (positivi e meno) è entrata in qualche modo, di riflesso, in un certo voler cogliere (a volte per contrasto) quanto di positivo c’è nella vita e nei modi di fare di quei popoli, la famosa ‘foresta che cresce’ al cospetto del rumore che fa l’albero che cade sbattuto sulle prime pagine dei giornali.

Ma non ho potuto farne a meno anche ripensando a certi life-motiv della mia vita, certi sogni, speranze. “Fare agli altri quello che vorresti fosse fatto a te”. Budapest (dove questa frase è stata marchiata su alcune panchine della città) ma non solo, altre mille le occasioni in questi anni per dire, credere, sperimentare che possa questa semplice frase essere un piccolo punto da cui partire.

Ingenua e sognatrice sono, probabilmente. Perché sarebbe bastato che chi ha ideato questo film (o altre volte vignette e qualsiasi cosa) avesse pensato e misurato le sue azioni su cosa avrebbe significato la cosa rigirata al contrario. “Non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te”.

Proprio l’altro giorno ripensavo ad un pensiero sviluppato in questi anni, che questa frase, per quanto bella, universale, fosse un tantino ‘io centrica’. In fondo la misura per fare qualcosa verso l’altro è me, non il desiderio, il bisogno dell’altro, magari molto diverso dal mio. Ma ieri, riflettendo su questi avvenimenti, mi rendevo conto che quello di prendere come paragone l’altro e non me stesso, capire e agire per i suoi desideri, e non i miei, è un passo ancora oltre, più ‘fine’. Che in certe situazioni mi accontenterei di vedere il rispetto per l’altro, quello che di fondo è mancato in questa e altre vicende simili degli anni scorsi. E che non ammette e non giustifica repliche violente, sia chiaro. Ma che manca da entrambe le parti da tanto, troppo tempo.

E per contro, ogni volta che mi trovo a ragionare su certi avvenimenti, non riesco a non dovermi fare un esame di coscienza. A chiedermi quante e quali volte ho mancato io, in questo aspetto. Nella vita quotidiana, quella di tutti i giorni.

E allora, ancora ingenua, mi ripeto che il mare è fatto di gocce. E se faccio mancare le mie, posso dire e pensare tante cose belle e giuste ma, sarò io a risponderne della loro mancanza.

[ photo by Roberto ]

Sul bus – Primo giorno di scuola

Alcuni dei dialoghi sentiti tra gli studenti stamattina sull’autobus…stanno per riaprire le scuole, yeah!

“Io sarei voluta rimanere a casa per sempre…stamattina ci vogliono gli stecchini per tenermi in piedi”.

“Ma tu ce l’hai il diario?”

“Hai fatto il riassunto, quante pagine hai fatto?”.
“Io ne ho fatte 3 pagine”.
“Io non l’ho proprio fatto”.

” (…) e del museo Egizio che ci raccontavo, che ci sono andato 25 anni fa (…) ” – quando non eri ancora nato allora (nda)

“Stamattina qualcuno mi ha detto: la battaglia è appena iniziata, e tu hai le armi per combatterla”.