Ero sul tram, aggiornando compulsivamente la schermata di twitter per sapere di che colore fosse la fumata tanto attesa. Ad un certo punto mille messaggini: “è bianca, è bianca”.
Ho incominciato a farmi due calcoli: ce la faccio ad arrivare a casa in tempo? Si, dovrei farcela, altrimenti andrò di streaming dallo smartphone, w lo smartphone! Sembrava una corsa contro il tempo per arrivare a casa per scoprire il nome del nuovo Papa.
riflettendo
Due parole, doverose anche su Tauran: se le merita
Sono contenta dell’elezione del cardinale argentino Bergoglio a Papa, con il nome di Francesco.
Ma ci sarà tempo per fiumi di parole, su questo.
Ora che tutti i riflettori sono per Bergoglio, fatemi però dare, oggi, un abbraccio al cardinale Tauran, che ha avuto il compito di annunciare al mondo l’elezione del nuovo Papa. Colui che è stato chiamato al ruolo “incomodo” e paradossalmente più trasparente che esista, perché l’attenzione era tutta per il nome che avrebbe pronunciato, lui in fondo era un semplice megafono.
Ruolo che, come la flebile voce con cui ha dato l’annuncio faceva intuire, ha portato a termine nonostante sia malato (Parkinson), in modo umile e senza tirarsi indietro, senza paura di ‘esporsi’ così come era, alla piazza che aspettava impaziente, strappando non poca simpatia e tanta tenerezza. Ecco. Grazie Jean-Louis.
L’ultima eredità di BXVI
Il Papa stamattina ha salutato i cardinali per l’ultima volta prima di ritirarsi a Castelgandolfo, diventando “Papa emerito” nell’attesa che il conclave elegga il prossimo. Mi ha colpito in modo particolare un passaggio del suo discorso:
“Il collegio dei cardinali sia come un’orchestra dove le diversità concorrano alla superiore armonia”
Mentre lo ascoltavo mi sembrava la consegna fatta ai figli di un padre che parte: stringersi intorno a “quel vuoto” e restare più uniti, ritrovare la dimensione dell’insieme, della famiglia. Ecco, in fondo mi sembrava di scorgere che il Papa, nel suo atto più grande di umiltà e servizio ci sproni e ci lasci una strada, un’eredità, non solo utile per la Chiesa in questo momento, ma valido anche e soprattutto nel nostro quotidiano. Si rema tutti insieme.
Rimboccarsi le maniche
Torino, Centro Immigrazione, 26 febbraio 2013. Paradossi.
Io confusa pensando alla situazione politica italiana appena delineata dal voto, davanti a me decine di
immigrati in coda per avere un permesso di soggiorno. Oggi. Mi ha fatto impressione.
E mi ha fatto riflettere.
Milioni di italiani che incominciano ‘metaforicamente’ a far le valigie e immigrati che sfidano il freddo per un pezzo di carta che gli permetta di starci, in Italia.
Le due facce di una stessa medaglia delle contraddizioni italiane.
O forse, andando oltre lo smarrimento, la desolazione il segno che nonostante tutto, anche dopo queste elezioni che ci consegnano un’Italia ingovernabile, possiamo e dobbiamo crederci. A maggior ragione se altri ci credono al posto nostro.
Forse ci viene data ancora una volta una chanche: è ora di rimboccarsi le maniche e scappare forse non serve. È qui che possiamo incominciare ad essere cittadini migliori, è qui che possiamo dare il nostro contributo per un’Italia migliore.
Sarà che nella vita l’ho provato, ma è solo facendo il giro completo che le cose poi trovano un senso.
Forza, Italia!
Le lezioni di Benedetto XVI
Papa Benedetto XVI lascia dopo 8 anni il suo Pontificato. Una notizia che per certi versi ha dell’incredibile, visto che è da 600 anni che non avveniva un cambio alla guida della Chiesa con un Papa in vita. E’ strano. Mancano i serpentoni di gente davanti a San Pietro, mancano tutti i “riti” della morte di un Papa.
Sono stati sentimenti contrastanti quelli che mi hanno lasciato in cuore questo rimbalzare di notizie.
Fiumi di parole, fiumi di fotografie, video e quant altro oggi, che già presagisce alla prima elezione di un Papa nei tempi social. Stasera a cena si scherzava dicendo che l’annuncio magari non verrà più fatto da un microfono dal famoso balcone, ma con un tweet. No, non sarà così.
Scelta giusta, scelta sbagliata. Tutti si interrogano, tutti provano a dire la loro, ma solo lui, la parte in causa sa qual è la cosa giusta in questo momento. 6 mesi per pensarci sono un’eternità. Mi piace un commento letto su questo articolo (che vi consiglio di leggere!): “spicca il gesto del Papa che mi pare sia un bel segno di contraddizione. che si accompagna armonicamente con la testimonianza di GPII che invece scelse in un altro momento storico di testimoniare la forza della debolezza“. Come a dire: ad ognuno il suo tempo, il suo ruolo, il suo modo. E’ questo il bello del Servizio. Uno lo fa in un modo, l’altro in un altro. Rimane servizio.
Di fronte ad una scelta umana ‘drammatica’ come quella che oggi ha preso il Papa, un essere umano anche lui, il silenzio sarebbe l’unico commento giusto. E non centra essere cattolici, agnostici o anti clericali: il rispetto non ha religione.
Ma ci sono alcuni aspetti, secondari e non, che ho colto in questa vicenda e che mi hanno tanto colpita.
Il primo è la semplicità, la delicatezza con cui Benedetto ha dato l’annuncio. Poteva convocare una mega conferenza stampa, far montare un alone di mistero intorno a quello che voleva comunicare e poi dare il colpo di teatro. Non è mai stato amante degli show e del centro dell’attenzione. E anche questa volta non si è smentito. L’ha fatto parlando al fondo di un incontro già fissato e di per sé ‘insignificante’. Mi ricordava molto quel Bambino nato in una mangiatoia. Quasi a ricordarci che l’importanza non sta nella forma.
Un secondo aspetto su cui sento di aver tanto da imparare è il come il Papa in questi mesi abbia saputo custodire questa sua scelta, immagino in un “a tu per tu” continuo con Dio fino ad arrivare ad oggi. “Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza che …” un esempio che mi ha ricordato una cosa dettami qualche tempo fa, con parole diverse ma con uguale sostanza da una persona riguardo ad alcune mie fatiche di riuscire a “scegliere” cosa fare. Segno che forse c’è ancora tanto da lavorare.
In fondo vorrei lasciare la più grande lezione che ha dato: la libertà di accettare il limite umano. L’umiltà.
ps: quella che vedete in alto è la foto che abbiamo fatto (eggià, in quel gruppone ci sono anche io) ad aprile del 2011 con Papa Benedetto. E’ una storia incredibile. Quando ero ai Castelli, un giorno avevamo in programma una gita a Roma per andare a fare le turiste. Quella mattina il Papa era in udienza e gli veniva presentato YouCat, il catechismo dei giovani. Per farla breve, ci siamo ritrovati ai lati del palco nel gruppo di giovani a rappresentanza. Poi è arrivato un ometto in doppio petto che ci ha detto se eravamo pronti per andare a fare la foto con il Papa. Noi eravamo uscite con l’idea di andare a visitare il Colosseo, quel giorno. Ho un bel ricordo di quel momento!
La vera forza è rialzarsi
Alex Schwazer è salito, suo malgrado, agli onori della cronaca la scorsa estate non per la medaglia che avrebbe potuto appendersi al collo e che difendeva, ma per una brutta storia di doping.
Alex ha sbagliato. Oppresso dalle aspettative, dalla paura di non farcela e di non poterle onorare. Chissà, il mondo dello sport, ad un certo livello nasconde sicuramente dinamiche e insidie quanto mai complesse.
Forse si può arrivare al punto di dover vincere, a tutti i costi.
E così si può rischiare di prendere delle scorciatoie che però alla fine (si veda anche il recentissimo caso di Armstrong) possono aiutare fino a un certo punto.
La sua intervista a luglio, o agosto che fosse, mi aveva commosso. Sarò sensibile, sarò sempre illusa, ma vedere quel ragazzotto così fragile confessare piangendo, con la testa bassa, mi aveva fatto compassione.
Ricordo che la cosa che mi aveva colpito era quel dire che in fondo lui quel controllo con cui l’avevano pizzicato l’avrebbe potuto saltare, era un suo diritto.
Ma quella menzogna che si portava dentro era ormai diventata troppo pesante.
Nessuno può negare lo sbaglio, ma in quella immagine c’era un uomo che consapevole del proprio errore si metteva alla gogna, con l’umiltà. A differenza di chi per anni ha fatto la voce grossa, si è difeso sprergiurando e facendo terra bruciata intorno a chi provava ad insinuare il più piccolo dubbio.
Quella conferenza stampa e l’intervista che Alex ha rilasciato ieri su La7 andrebbero fatte vedere nelle scuole, nei gruppi sportivi. Andrebbero fatte vedere da ogni genitore ai propri figli.
La storia di Alex ci insegna che non siamo perfetti, che possiamo sbagliare.
Ma sopratutto che la noatra forza non sta nel non sbagliare mai, ma nel saper riconoscere il proprio sbaglio e darsi una seconda possibilità, quella di Ricominciare.
Forza Alex, adesso è l’ora di rialzarsi! La medaglia più bella la potrai conquistare adesso!