EasyJet … davvero Easy?

Sono partita stamattina alla volta di un paesino vicino a Lisbona dove in questi giorni si svolgerà un seminario sul mondo della comunicazione.

Il viaggio è stato molto, come dire, interessante, e non solo per l'atterraggio molto "sportivo" (ma chè, il pilota ha chiesto allo stewart di fare l'atterraggio?).

Non sono al primo viaggio aereo – con quello di oggi si contano esattamente sulle dita di una

mano – ma le altre esperienze, con Alitalia il primo volo e Blue-Express l'altra volta erano state abbastanza più easy.  E non uso questa parola a caso, visto che questa volta ho viaggiato verso Lisbona proprio con EasyJet, che ho scoperto non avere molto di "easy".

Il primo scoglio è stato preparare la valigia che rientrasse nei canoni chiesti dalla compagnia arancione: come portare la valigia e il computer potendo portare un solo bagaglio a mano? Avevo risolto il problema in modo pratico: un po' nella valigia e un po' dentro lo zaino con il computer e gli accessori ridotti all'osso (solo il caricabatterie e un mini disco esterno).

Il check-in era già fatto quindi prima dei controlli la prima "prova" valigia superata a pieni voti e nastrino adesivo arancione conquistato! Uno ragazzo del gruppo con cui viaggiavo però, per una questione di millimetri non ha superato lo scoglio e così ha dovuto imbarcare il bagaglio. Super super super fiscali, era veramente una questione di millimetri, ma non hanno voluto sentire ragione. La cosa che mi ha lasciata un po' interdetta, devo dire, è stata il fatto che al gate tutti ci siamo dovuti rimbattere nella prova misura della valigia: ma non bastava una sola volta? Certo, una volta superati i controlli avrei potuto comprare di tutto, ma mi è sembrata una politica estremamente eccessiva.

Ripropongo il quesito: easy jet: cosa c'è di easy?

Si è appena conclusa la finale di Champions, vinta dal Barcellona.

Una partita intensa, spettacolare, che ha visto la vittoria della squadra onestamente più forte forse, senza esagerare, a livello mondiale. 

Ma è stata una serata sportiva con un piccolo episodio che restituisce al calcio anche un po' di umanità e bellezza. La famosa coppa delle orecchie, come viene scherzosamente chiamata, non è stata sollevata da Carles Puyol, storico capitano del Barcellona, ma da Eric Abidal, suo compagno di squadra oggi titolare dopo appena due mesi e 10 giorni dall'intervento chirurgico per un tumore al fegato.

Forse il calcio non è poi così tutto da buttare.

Lidia

Ieri ho saputo che una signora che conosco ci ha lasciati. Una notizia come tante forse, ma appena ho saputo questa cosa mi è tornato in mente un episodio successo qualche anno fa.

Era l'anno della maturità e nella mia spensieratezza giovanile avevo acconsentito di accompagnare un gruppetto di bambine al loro incontro annuale a Castelgandolfo. Questo 20 giorni prima di cominciare la maturità. Avevo portato con me i libri nella speranza di poter approfittare di qualche momento per poter ripassare qualcosa per la prima prova di italiano.

Se non fosse che l'ultima mattina avevo lasciato la mia valigia a una di loro perché la portasse sul pullman al mio posto, visto che ero stata chiamata per fare una cosa. Ma si sa, le cose simpatiche sono sempre dietro l'angolo e per un'incomprensione la mia valigia (con i libri dentro) è rimasta a Castelgandolfo e io mi sono accorta del "misfatto" soltanto una volta a Torino. Così era partito un giro di telefonate per recuperare la mia valigia – fortunatamente le cose lasciate a Castelgandolfo, dove si tengono questi incontri nella maggioranza dei casi si riescono a recuperare.  Ma i tempi di recupero non sono stati così rapidi e la valigia non è tornata che lo stesso giorno che ho fatto la prima prova. Niente di tremendo, fortunatamente ci si può abbastanza arrangiare per la prima prova.

Perché ho raccontato tutte queste cose? Perché chi mi ha riportato a casa la valigia è proprio Lidia, questa signora di cui dicevo all'inizio del post. 

E ieri sapendo della sua morte mi veniva da ricordare quanto si fosse fatta in quattro per fare in modo che la mia valigia non solo tornasse da Roma, ma anche poi mi arrivasse velocemente.

E pensavo a quanto è bello sentirsi sfiorare nella vita da persone così e che nel mio piccolo, sì, spero di riuscure ogni tanto ad essere anche io così, proiettata totalmente e gratuitamente negli altri.

«Ecco, prendi te per esempio. Tu sei unico», spiegò la mamma, «e anch’io sono unica, ma se ti abbraccio non sei più solo e nemmeno io sono più sola».  «Allora abbracciami», disse Ben stringendosi alla mamma.

Lei lo tenne stretto a sé. Sentiva il cuore di Ben che batteva. Anche Ben sentiva il cuore della mamma e l’abbracciò forte forte.  «Adesso non sono solo», pensò mentre l’abbracciava, «adesso non sono solo. Adesso non sono solo».  «Vedi», gli sussurrò mamma, «proprio per questo hanno inventato l’abbraccio».

David Grossman, L’abbraccio

Per fare gli auguri alla mia mamma, per dirle che le voglio bene!

AUGURI A TUTTE LE MAMME!

Costruire o piantare

" Ogni essere umano, nel corso della propria esistenza, può adottare due atteggiamenti: costruire o piantare. I costruttori possono passare anni impegnati nel loro compito, ma presto o tardi concludono quello che stavano facendo. Allora si fermano e restano lì, limitati dalle loro stesse pareti. Quando la costruzione è finita, la vita perde di significato. Quelli che piantano soffrono con le tempeste e le stagioni, raramente riposano. Ma, al contrario di un edificio, il giardino non cessa mai di crescere. Esso richiede l’attenzione del giardiniere, ma, nello stesso tempo, gli permette di vivere come in una grande avventura" . (Paulo Coelho)