Sul bus – Primo giorno di scuola

Alcuni dei dialoghi sentiti tra gli studenti stamattina sull’autobus…stanno per riaprire le scuole, yeah!

“Io sarei voluta rimanere a casa per sempre…stamattina ci vogliono gli stecchini per tenermi in piedi”.

“Ma tu ce l’hai il diario?”

“Hai fatto il riassunto, quante pagine hai fatto?”.
“Io ne ho fatte 3 pagine”.
“Io non l’ho proprio fatto”.

” (…) e del museo Egizio che ci raccontavo, che ci sono andato 25 anni fa (…) ” – quando non eri ancora nato allora (nda)

“Stamattina qualcuno mi ha detto: la battaglia è appena iniziata, e tu hai le armi per combatterla”.

11 settembre

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Ho scelto questa immagine perché in primo piano c’è un ponte. Il primo piano, simbolico, e lo sfondo. Sono ossimori. Ho sempre paura di cadere in una facile retorica ma non ho altra convinzione (chiamatemi illusa) che quel ponte che guarda impotente ciò che avviene alle sue spalle ci chiede non solo di ricordare, ma sopratutto di costruire. Tanti piccoli ponti. Quotidiani. Perché non debba più stare a guardare un simile spettacolo. Dipende da noi, ma dipende prima di tutto da me. Perché non ci siano più 11 settembre, e non solo quello di 11 anni fa, ma anche quelli quotidiani.

Lezioni di vita

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Un’immagine come se fosse quella di ognuno di tutti questi fantastici atleti che ci stanno regalando emozioni e soddsfazioni forse anche al di sopra di quelle date dai ‘normodotati’. E che eppure passano in silenzio, in un’articolo della Gazzetta oltre la metà pagina, dopo aver ampiamente parlato di calcioscommesse, rigori, polemiche… Lo so, è la solita retorica.
Ma credo che l’impresa di questi ragazzi sia doppia, prima di tutto sportivamente, perché sopperire a deficit richiede il doppio di sforzo fisico. E doppiamente anche a livello umano, accettare e fare trampolino di successo la propria ‘diversità’ (ma perchè poi, non siamo anche noi ai loro occhi ‘diversi’, semplicemente ognuno con la propria diversa-abilità e, come dice bene una vignetta che avevo mandato ad Emanuele e lui aveva pubblicato, ogni limite può diventare una possiABILITÀ).

Chiamale se vuoi, lezioni di vita, anche per chi ha volte pensa di aver tutto.

“Budapest non dimenticherà questo chiasso” – Genfest 2012

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Raccontare un Genfest non è semplice.
Non è semplice quando l’hai visto nascere e poi, in qualche modo, hai preso un’altra strada. E magari arrivi ora, per lo meno, a ripensare alla superficialità con cui per un bel pezzo forse gli hai dato il benservito, nemmeno poi bene per colpa sua.

Però per fortuna il Genfest non è stata la fiera delle mie paturnie (anche se insomma…), ma l’incontro di 12000 giovani per rifocalizzare tutti insieme, e renderlo visibile, il proprio impegno quotidiano alla fraternità.

Una festa.

Ma anche una carrellata di esperienze personali sull’impegno che tanti giovani ci mettono per vivere questa benedetta fraternità, facile a dirsi ma che nella pratica quotidiana sbatte contro noi, contro le difficoltà, le sofferenze, le ingiustizie…l’elenco è lungo.

E poi un rumoroso e fragoroso flashmob sul Ponte delle Catene di Budapest, incastonato nello splendore e nella suggestione delle luci della notte ungherese, dove tutto si specchia nel maestoso Danubio.
Un ponte che divide, ma sopratutto unisce due città, Buda e Pest.
E che si ritrova nel simbolismo scelto dai giovani, proprio attorno alla figura della costruzione di un ponte.
Il titolo del Genfest2012, “Let’s Bridge, agli anglofoni suonerà sbagliato perché in effetti non significa nulla. Ma forse può stare a ricordare che ognuno ha il suo personale “Let’s Bridge…”. Ognuno sa dove nella sua vita costruire ponti, dove deve sporcarsi le mani.

La bellezza di un Genfest è che porta in sè un messaggio universale, che va bene per me che in Dio credo, ma va bene anche per chi non crede. Perchè la fraternità non è un concetto per pochi, sono quei piccoli gesti quotidiani…una miriade di piccoli gesti quotidiani che ognuno deve, anzi, può compiere per come gli viene chiesto.

Certo. L’esperienza di un Genfest è unica: giri per un’arena piena di bandiere di tutto il mondo che ti danno un respiro più grande, ti sembra di vivere in un sogno, in una cosa bella, la “folla” ti mette adrealina, euforia.
Soprattutto senti la forza di un cammino fatto insieme, di una cordata che non ha bisogno di un dove, di un quando. Sai che almeno altri 11999 giovani come te si sono messi in quella cordata e si stanno mettendo in gioco.

Tutto vero. Ma il mio ponte, i miei ponti non me li possono costruire altri, tocca a me farlo. Quindi forza, che il “bello” comincia adesso.

Budapest, Torino … il mondo non dovrà dimenticare questo chiasso! (Avete riconosciuto la semicitazione?!)