Contrattempi

Pezzi del puzzleSono davanti al Politecnico, dove ho appena assistito ad una brillante discussione di laurea. Tiro fuori dalla tasca la tessera del ToBike e un po’ di corsa stacco la prima bici che ad occhio mi sembra possa fare al caso mio. Solitamente controllo lo stato delle ruote, che il sellino sia a posto, ma questa volta so che devo muovermi e spero mi possa bastare quest’occhiata generale.

Date le prime pedalate mi accorgo che il sellino non è ben piantato e dentro di me penso: “Ecco. Lo sapevo!”. Un rapido calcolo: riuscirò ad arrivare a destinazione in quella condizione? Il tempo di finire il pensiero e con la coda dell’occhio scorgo un’altra stazione ToBike, piena di bici. La mia “salvezza”.

Riaggancio la bici con il sellino difettoso, ne scelgo un’altra – e questa volta mi assicuro che tutto sia correttamente funzionante. Il tempo di dare la prima pedalata e mi sento chiamare: è L., che mi ha scorto e che sta cercando di farsi vedere.

“Ma guarda, cercavo proprio te. Ho provato a telefonarti ma forse non mi hai sentito … Ero ormai rassegnata a non sapere come raggiungere M. per darle almeno un saluto visto che non sono riuscita ad arrivare per la sua discussione”. “Forse sei ancora in tempo, li ho appena lasciati tutti al bar che festeggiavano”.

L. si avvia verso il Poli, io raggiungo l’università. Al pomeriggio mi manda un sms: “E’ stata proprio una provvidenza trovarti, altrimenti non sarei riuscita a salutare M. perché nessuno rispondeva al cellulare e il Poli è grande!”.

Sorrido. Ripenso allo sbuffo che avevo fatto quando mi ero accorta che il sellino della prima bici non era governabile e mi sarei dovuta cercare una nuova bici. “La vera provvidenza è stata la bici che non era a posto e che mi ha obbligata a fermarmi per prenderne un’altra! Altrimenti non ci saremmo incrociate! ”

Quando anche un contrattempo diventa … una coincidenza e motivo di incontro!

Ciao Prof.

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Mentre l’Italia è alle prese con le sue beghe, il mondo, quello di tutti i giorni, continua a scorrere.

E a volte basta aprire casualmente Facebook per riprendere contatto con una realtà che ti ancora con i piedi per terra. Anzi, che ti rimette in cuore la necessità ogni tanto di alzare lo sguardo.

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Citazione

#prayforpeace

raggio1

Il terrorismo è diventato terribilmente vicino, ci spaventa, ci ripugna, ma ci interpella: potremmo reagire solo con la rabbia cieca. Decidiamo invece di aiutarci a guardarci intorno con uno sguardo forse ancora debole ma aperto al perdono e proviamo a trasformare sgomento e rabbia in atti di pace. Sono quegli atti di pace che ci hanno circondato e che continuiamo a vedere dilagare a macchia d’olio attorno a noi. Se ci ripenso, mi si apre dentro una voragine. Come poter trasmettere la positività che ho visto e vissuto, quando sugli schermi del mondo parlano i numeri, le logiche di mercato, le politiche cieche ed egoiste e non le persone che ho incontrato?”

(Daniela Bignone – Oltre il velo nel cuore del Pakistan)

(photo credit)

Citazione

Dà il meglio di te

candela

“L’uomo è irragionevole, illogico, egocentrico
non importa… Amalo.
Se fai il bene, diranno che lo fai per secondi fini egoistici
non importa… Fai il bene.

Se realizzi i tuoi obiettivi, incontrerai chi ti ostacola
non importa… Realizza.

Il bene che fai, forse domani verrà dimenticato
non importa… Fai il bene.

L’onestà e la sincerità ti rendono vulnerabile
non importa… Sii onesto e sincero.

Quello che hai costruito può essere distrutto
non importa… Costruiscilo.

La gente che hai aiutato, forse non te ne sarà grata
non importa… Aiutala.

Dà al mondo il meglio di te, e forse sarai preso a pedate
non importa… Dà il meglio di te.”

(Madre Teresa di Calcutta)

Scusa

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Ieri sono passata a ricaricare la tessera del ToBike.
Nel piccolo ufficio, incastonato nelle viuzze del centro, c’era un po’ di coda.
Chi si abbonava per la prima volta, un nonno che rinnovava, come regalo, l’abbonamento del nipote…

Mi sono messa pazientemente in coda aspettando il mio turno.
Entrata nell’ufficio aspettavo in piedi quando è arrivato un ragazzo e in modo un po’ sgarbato mi ha chiesto se mi vedevo.
‘No, siediti pure tu’. Lui stava lì e si vedeva che era un po’ agitato.
Nel cuore mi è venuto il pensiero di lasciargli il mio posto anche nella fila ma poi…ma poi è arrivato il mio turno e, scacciato il pensiero mi sono seduta alla scrivania dove in fondo dovevo dare soltanto i miei 20 euro, prendere la ricevuta e andarmene.
La ragazza che stava davanti a me ha ripreso il ragazzo, reo di non dare un buon esempio lasciando la ToBike con cui era arrivata ‘parcheggiata’ lì davanti.
La risposta del ragazzo è stata stizzita.
Io nel frattempo assistevano alla scena con un senso di inadeguatezza in cuore: ‘perché ho visto che aveva fretta e non l’ho fatto passare? Perché sono stata così egoista?‘.
Il tempo di finire la domanda che, finita la mia pratica, mi ero già alzata, il più veloce possibile.

A volte perdonarsi è più difficile che perdonare. Uscita dall’ufficio sono rimasta lì sola con il mio pensiero e il desiderio di poter rimediare a quella mancanza.
Già, ma come?
Ho infocarto la bici e mi sono messa a pedalare verso il capolinea del bus, per lasciare la bici allo stallo, uno dei punti di bici più ambito della città, e tornare a casa.

Arrivo, faccio per incastrare la bici che mi si avvicina un ragazzo, che avevo intravisto armeggiare con l’unica bici disponibile. ‘È il cielo che ti manda, l’altra bici non funziona!’.
Un sorriso. Rispondo al sorriso. Lui prende la bici, gli auguro buona serata. Parte e va. E io un po’ più sollevata, con un pensiero: forse anche quel giro in bici non è stato “a vuoto”.

Mentre aspettavo il bus ripensavo a quel ragazzo all’ufficio. Non so come ti chiami, non so perché eri agitato. Ma vorrei chiederti…scusa per non averti fatto passare davanti a me, per essermi fermata ad un pensiero e non averlo tradotto in azione.

A me che serva di lezione la prossima volta: se senti una cosa in cuore, Dani, rischia e falla.

(Foto di Davide F.)

La bambina con le treccine

BimbaLei è una piccola bambina africana. Avrà al massimo 2 anni, ma forse arrotondo per eccesso. Ha delle belle treccine e accompagna sulla spiaggia mamma e papà, che lì, ogni giorno, vengono per provare a vendere qualcosa: lui delle borse, lei seduta su una sedia intreccia tutto il giorno le mani creando sulle diverse teste che le si pongono davanti treccine, quasi come quelle della sua piccola bambina.

Lei, nella sua innocenza, sgambetta per la spiaggia con un costumino fucsia che la rende riconoscibile in mezzo a quel marasma di gambe che affollano il bagnasciuga, e permette ai suoi genitori di tenerla d’occhio.

E’ così graziosa che quasi sembra una bambolina e in poco tempo diventa l’attrazione di quel pezzo di spiaggia. Tanti si fermano, la guardano, le sorridono.

I genitori invece faticano a tenerla d’occhio mentre passa in rassegna tutte le palette e secchielli che incontra sul suo percorso. Ad un certo una signora si rende conto della loro difficoltà e si mette a giocare con lei, a controllarla come se fosse sua figlia.

Noi “adulti” pieni di pregiudizi, guardiamo e dobbiamo mettere in rilievo il colore diverso della pelle dell’altro. I bambini invece giocano insieme, si prestano le cose, non guardano se la mia pelle è bianca, la tua nera, se ci capiamo o non ci capiamo. Sono diversità che non pesano.

Ci sono lì due bambine che la tengono d’occhio, fanno in modo che non possa scappare, fanno un girotondo insieme, se la portano dietro sul bagnasciuga, le offrono le loro formine.

I bambini. Ho capito quando qualcuno tempo fa diceva che “dobbiamo rimanere come i bambini”. Spensierati. Alla ricerca dell’essenza delle cose, prima di tutto.