Sabato mattina. Dopo una settimana di lavoro uno avrebbe voglia di dormire, di prendersi le cose tranquillamente. Eppure prepari una bottiglietta d'acqua, un cappellino e ti metti in marcia verso quel paesino vicino dove sai che troverai altre "braccia" per allestire un palco nella piazza principale per lo spettacolo per la sera. Arrivare, trovare una ventina di "vecchie amiche", chi più conosciuta che mi vede apparire in ogni dove (Torino, Trento, Latina tanto per citare alcuni luoghi), chi è appena entrata nel gruppo ma con qui sembra di conoscersi da una vita lo stesso. Miracoli che possono succedere.
Allora si arriva, e si comincia a lavorare. Si scaricano i camion e poi ci si mette a disposizione per qualsiasi cosa ci sia da fare: tenere in piedi le quinte, montare il fondale, costruire e rivestire la struttura della batteria … non è raro cominciare una cosa e trovarsi trenta secondi più tardi a farne completamente un'altra. Ma è questo il bello di questo lavoro!
Sabato sera. E poi si torna alla sera per lo spettacolo, e guardando quel palco non si può non farlo con un pizzico di soffisfazione, sapendo che lì sopra c'è anche un po' "del tuo".E poi tante canzoni e coreografie, in realtà nulla di così "nuovo" ma tutto estremamente curato e molto molto bello. Ma l'unica cosa nuova, in effetti, è quella che riesce a spiazzarti di più. Senti qualcuna che racconta un po' della sua esperienza e per certi versi anche se in dinamiche completamente diverse ti senti un po' raccontato, espresso. "Ribelle". Ti devi mettere davanti ad uno specchio e questo esame di coscienza è come una bomba che rischia di esploderti dentro se non avessi idea di come "contenerne" gli effetti. Senti di dover dare una svolta, una delle tante di questo ultimo periodo, ad onore di cronaca. Senti quelle canzoni che avevano un volto e adesso ne hanno un altro…e non solo perché la faccia e la voce di alcune canzoni non coincidono come una volta. Ma perché ascolti canzoni che fanno parte della tua playlist da tempo ma le senti come se fosse la prima volta. E così tutto d'un tratto pensi che sì, in fondo per la mattina dopo avresti anche un bel programma ai Musei Vaticani…ma chissà se forse non vale di più la pena fermarsi dopo lo spettacolo per aiutare anche a smontare e pazienza i musei vaticani? Qualcuno certo potrebbe storcere il naso, ma non mi è sembra per niente una brutta idea.
Sabato notte. Ti trovi ad aiutare a smontare e ti sembra che tanti cerchi si chiudano. Poi devi cercare la fodera dei tom e perdi venti minuti cercando nella cassa sbagliata. Fa parte del gioco anche questo, anche se era proprio l'ultima cosa che avresti voluto fare, non trovare la fodera dei tom della batteria! E incominci a sentire l'orgoglio che un po' ferito nonostante tutto si rimette in pace. Aiutare a smontare è anche questo o cercare tra le mille casse che si sono richiuse quella "con il bordo blu" e faticare non poco spingendo quelle casse con le ruote sui fastidiosi – per questo genere di manovre – sanpietrini della piazza.
Domenica mattina. Ti svegli tardi, la testa ancora un po' assonnata, ma niente può cancellare dal cuore la felicità di questa giornata passata con il Gen Verde. Tutte le volte è una sorpresa, perché sì, alla fine di tutto, forse non è nemmeno lo spettacolo in sé che piace, ma questo rapporto che si costruisce gomito a gomito svuotando camion o montando fondali sulle americane, vedere artiste così tanto polivalenti non solo sul palco, ma anche in tutto quello che è necessario per mettere su uno spettacolo.
E' un consiglio: se per caso passano dalle vostre parti (così anche come con il Genrosso,eh), considerate l'idea non solo di andarle a sentire – perché meritano – ma di provare anche questa esperienza: non essere solo spettatori vale doppio.
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