Apprendo con rammarico che Benedetto XVI non andrà alla Sapienza.
Ha perso l’Italia, ha perso la libertà, quella vera, che quella che tanto invocano quelli che hanno osteggiato la sua presenza, libertà che va bene solo quando è concessa a se. Gli altri, se dicono qualcosa che non mi va, che se ne stiano zitti, per la miseria!
Cos’è che diceva Voltaire (noto cattolico, eh!!!), di già?
Mi batterò fino alla morte perché tu possa dire il contrario di quel che penso
E’ una sconfitta. Inutile scappare di qua, inutile "festeggiare" come pare stia facendo qualcuno.
Mi ritrovo in quanto dice Veltroni:
È una sconfitta della cultura liberale e di quel principio fondamentale che è il confronto delle idee e il rispetto delle istituzioni. Ogni critica è legittima e il confronto delle opinioni è l’ossigeno della nostra convivenza, ma ogni atteggiamento di intolleranza, come quelli che si sono manifestati in questi giorni verso il Pontefice, fa male alla democrazia e alla libertà».
E’ strano che però, per far parlare di sè, ci sia bisogno di tirare il ballo la Chiesa e il Papa.
E’ una cosa che funziona sempre.
Se ricordate, fece lo stesso anche tale Andrea Rivera dal palco del I°maggio. Se non avesse detto quello che ha detto, oggi sarebbe un signor nessuno. Così come questi 67 professori e questi studenti. Per avere "visibilità" hanno dovuto osteggiare il Papa.
La dimostrazione che forse non è proprio una persona di così poco conto come qualcuno vorrebbe farci credere. Se non bastassero 2000 anni di storia, pur con tutti i periodi bui (e a tratti "non giustificabili") passati dalla Chiesa.
Mi viene in mente un proverbio africano, quanto mai vero:
Sii sempre come la palma: le tirano i sassi e lei lascia sempre cadere i datteri
Vi lascio con un editoriale del Corriere della Sera che ho apprezzato e che trovo esprima in modo preciso quello che anche io vorrei dire. E anche due post trovati nella rete.
Per chi vuole continuare a leggere, posto un articolo, di un professore di matematica della Sapienza (tra l’altro mi pare di capire di religione ebraica), che uscirà sull’Osservatore Romano di domani che ho trovato esprima, con l’editoria del Corriere, tutto quello che penso sulla cosa.
Giorgio Israel
Professore ordinario
di Matematiche complementari
Università di Roma La Sapienza
È sorprendente che quanti hanno scelto come motto la celebre frase attribuita a Voltaire – "mi batterò fino alla morte perché tu possa dire il contrario di quel che penso" – si oppongano a che il Papa tenga un discorso all’università di Roma La Sapienza.
È tanto più sorprendente in quanto le università italiane sono ormai un luogo aperto ad ogni tipo di intervento ed è inspiegabile che al Papa soltanto sia riservato un divieto d’ingresso. Che cosa di tanto grave ha spinto a mettere da parte la tolleranza volterriana?
Lo ha spiegato Marcello Cini nella lettera dello scorso novembre in cui ha condannato l’invito fatto dal rettore Renato Guarini a Benedetto XVI.
Quel che gli appare "pericoloso" è che il Papa tenti di aprire un discorso tra fede e ragione, di ristabilire una relazione fra le tradizioni giudaico-cristiana ed ellenistica, di non volere che scienza e fede siano separate da un’impenetrabile parete stagna.
Per Cini questo programma è intollerabile perché sarebbe in realtà dettato dall’intento perverso, che Benedetto XVI coltiverebbe fin da quando era "capo del Sant’Uffizio", di "mettere in riga la scienza" e ricondurla entro "la pseudo-razionalità dei dogmi della religione". Inoltre, secondo Cini, egli avrebbe anche prodotto l’effetto nefasto di suscitare veementi reazioni nel mondo islamico. Dubitiamo però che Cini chiederebbe a un rappresentante religioso musulmano di pronunziare un mea culpa per la persecuzione di Averroè prima di mettere piede alla Sapienza. Siamo anzi certi che lo accoglierebbe a braccia aperte in nome dei principi del dialogo e della tolleranza.
L’opposizione alla visita del Papa non è quindi motivata da un principio astratto e tradizionale di laicità. L’opposizione è di carattere ideologico e ha come bersaglio specifico Benedetto XVI in quanto si permette di parlare di scienza e dei rapporti tra scienza e fede, anziché limitarsi a parlare di fede.
Anche la lettera contro la visita firmata da un gruppo di fisici è ispirata da un sentimento di fastidio per la persona stessa del Papa, presentato come un ostinato nemico di Galileo.
Essi gli rimproverano di aver ripreso – in una conferenza tenuta proprio alla Sapienza il 15 febbraio 1990 (cfr J. Ratzinger, Wendezeit für Europa? Diagnosen und Prognosen zur Lage von Kirche und Welt, Einsiedeln-Freiburg, Johannes Verlag, 1991, pp. 59 e 71) – una frase del filosofo della scienza Paul Feyerabend: "All’epoca di Galileo la Chiesa rimase molto più fedele alla ragione dello stesso Galileo. Il processo contro Galileo fu ragionevole e giusto".
Non si sono preoccupati però di leggere per intero e attentamente quel discorso. Esso aveva come tema la crisi di fiducia nella scienza in sé stessa e ne dava come esempio il mutare di atteggiamento sul caso Galileo. Se nel Settecento Galileo è l’emblema dell’oscurantismo medioevale della Chiesa, nel Novecento l’atteggiamento cambia e si sottolinea come Galileo non avesse fornito prove convincenti del sistema eliocentrico, fino all’affermazione di Feyerabend – definito dall’allora cardinale Ratzinger come un "filosofo agnostico-scettico" – e a quella di Carl Friedrich von Weizsäcker che addirittura stabilisce una linea diretta tra Galileo e la bomba atomica.
Queste citazioni non venivano usate dal cardinale Ratzinger per cercare rivalse e imbastire giustificazioni: "Sarebbe assurdo costruire sulla base di queste affermazioni una frettolosa apologetica. La fede non cresce a partire dal risentimento e dal rifiuto della razionalità". Esse piuttosto venivano addotte come prova di quanto "il dubbio della modernità su se stessa abbia attinto oggi la scienza e la tecnica".
In altri termini, il discorso del 1990 può ben essere considerato, per chi lo legga con un minimo di attenzione, come una difesa della razionalità galileiana contro lo scetticismo e il relativismo della cultura postmoderna.
Del resto chi conosca un minimo i recenti interventi del Papa sull’argomento sa bene come egli consideri con "ammirazione" la celebre affermazione di Galileo che il libro della natura è scritto in linguaggio matematico.
Come è potuto accadere che dei docenti universitari siano incorsi in un simile infortunio? Un docente dovrebbe considerare come una sconfitta professionale l’aver trasmesso un simile modello di lettura disattenta, superficiale e omissiva che conduce a un vero e proprio travisamento.
Ma temo che qui il rigore intellettuale interessi poco e che l’intenzione sia quella di menar fendenti ad ogni costo. Né c’entra la laicità, categoria estranea ai comportamenti di alcuni dei firmatari, che non hanno mai speso una sola parola contro l’integralismo islamico o contro la negazione della Shoah.
Come ha detto bene Giuseppe Caldarola, emerge qui "una parte di cultura laica che non ha argomenti e demonizza, non discute come la vera cultura laica, ma crea mostri". Pertanto, ripetiamo con lui che "la minaccia contro il Papa è un evento drammatico, culturalmente e civilmente".
(©L’Osservatore Romano – 16 gennaio 2007)